SASSARI. In aula l’imputato si era lamentato della moglie che «lo ossessionava», gli dava fastidio con troppe parole. Stando alla vittima, alla sua denuncia poi confluita in un capo d’imputazione, il rimedio a quell’ossessione individuato dal marito fu diabolico: le avrebbe versato gocce di Tavor nei bicchieri d’acqua che le imponeva di sorseggiare. «Era infermiere nel reparto di Psichiatria, e aveva dimestichezza con i farmaci», aveva suggerito alla polizia la persona offesa, un’insegnante, che si è costituita parte civile contro l’ex marito imputato di maltrattamenti, e assistito al processo dal penalista Nicola Lucchi.
Stando alla ricostruzione accusatoria, sostenuta in aula dal vice procuratore onorario Antonio Pala, l’infermiere sotto accusa avrebbe «percosso l’ex moglie, l’avrebbe insultata e malmenata». Ma per farla tacere – sarebbe questo il retroscena filtrato dalla deposizione dell’imputato – le avrebbe «somministrato sedativi in modo da privarla della serenità».
Serenità che l’insegnante aveva perso poco dopo la loro unione. Quando dalla convivenza erano passati al matrimonio, l’infermiere aveva iniziato ad apostrofarla con epiteti pesanti. Veri e propri insulti, anche davanti alla sorella. «Vivevo in uno stato di terrore, tale da essere costretta a isolarmi dai miei familiari». «Se mi lasci, ti ammazzo», le aveva detto una volta durante una passeggiata con la sorella. Proprio lei, in aula, racconterà che una volta l’allora cognato era arrivato al punto di voler costringere la moglie in una camicia di forza. Fino al 2006, i presunti maltrattamenti sembravano essere limitati all’ampia, terribile, contabilità della violenza domestica. Ma poi l’insegnante era diventata diversa, mentalmente “assente” e spesso assonnata. Se n’era accorto per primo il farmacista, che aveva chiesto alla figlia se la donna prendesse psicofarmaci. Stessa domanda che le aveva posto anche un negoziante dove le due andavano spesso. Tutti insospettiti da quell’improvviso cambiamento in alcuni tratti della sua personalità. Allora la sorella dell’insegnante aveva avviato le indagini: la donne le aveva confessato che il marito le faceva strane richieste. Voleva che bevesse acqua, più volte al giorno, anche se lei non gliela chiedeva. Sembrava un indizio forte. Confortato poi da un ritrovamento: in bagno c’erano boccette di Valium e Tavor, che la moglie non aveva mai comprato. E che da quel momento aveva iniziato a guardare all’uomo con terrore, perché conosceva il suo passato professionale – era infermiere nel reparto di Psichiatria di un ospedale – e la conoscenza che aveva dei farmaci. Ma per trovare riscontri ai sospetti, le due donne avevano sostituito i sedativi con acqua. E da quel momento, la stanchezza della moglie era sparita. Niente più sonnolenza. Solo il desiderio, quello sì, di cambiare casa, come poi ha fatto. E si è costituita parte civile con l’avvocato Antonio Pietro Sanna. La discussione, davanti al giudice Giuseppe Grotteria, è rinviata al 25 gennaio.
fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2012/07/21/news/sedava-la-moglie-con-gocce-di-valium-1.5435754